martedì 12 luglio 2016

Birra, parte 1

In una notte di mezza estate la terza birra può essere decisiva. Te ne stai a languire sul divano guardando distrattamente l'ennesima puntata di una serie televisiva che ha iniziato ad annoiarti parecchio tempo fa, ma che non riesci a tagliare perché speri ostinatamente che da un momento all'altro possa esserci una svolta, un'accelerazione improvvisa che dia un senso a tutto il tempo e a tutte le parole sprecate finora, quando decidi che hai sete. Ci può stare, la cena è stata frugale e la temperatura giustifica sicuramente un'assunzione di liquidi più significativa del solito. D'altra parte le tue ghiandole sudoripare hanno sempre lavorato molto, forse anche troppo e nei momenti più inopportuni, per cui non c'è niente di male nell'alzarsi e aprire il frigorifero in cerca di salvezza. È chiaro quindi che la catasta di bottiglie da 66 che hai accumulato nella speranza che la nazionale avesse proseguito la sua trionfale marcia verso la finale rappresenti un richiamo a cui nessun maschio adulto dotato di raziocinio possa resistere. Le goccioline vaporose che ricoprono come rugiada il vetro scuro esercitano un'attrazione erotica a tal punto che nella tua mente senti Jane Birkin sussurrare parole dolci al suo Serge Gainsbourg: Je t'aime, je t'aime... Afferri la prima bottiglia sulla catasta cancellando la ridicola sovrapposizione, la stappi e versi la birra in un boccale lasciando la giusta dose di schiuma. Je t'aime, je t'aime... Ti soffermi a osservare il boccale che trasuda, poi bevi.

Ricordi ancora lo schifo che hai provato quando l'hai assaggiata la prima volta. Quel primo sorso pieno di gas e molecole amaricanti ti aveva messo il dubbio che tutti gli uomini a cui piaceva quella bevanda tanto difficile fossero un po' fuori di testa. Come gran parte della popolazione bambina apprezzavi i sapori rotondi, dolci, senza tranelli. Il giorno in cui hai ordinato per la prima volta una birra (una birra rossa per l’esattezza) l’hai fatto più che altro per sentirti alla pari con gli altri, nell’ennesima variante della legge da cui un essere umano con una vita sociale nel migliore dei casi tenta di eludere costantemente e nel peggiore crede di riuscirci. Non sempre però la legge del branco ha un’accezione negativa. A volte la necessità di livellarsi agli altri – senza riflettere sul fatto che questi fantomatici altri probabilmente formulano pensieri identici ai nostri – fa compiere passi necessari alla crescita di un individuo: prendere la patente, imparare a non pisciarsi addosso… e bere una birra rossa direttamente dalla bottiglia.

Sono passati quindici anni da quel momento catartico e a ripensarci il gusto di caramello amarognolo ti solletica ancora la lingua.

Quella bottiglia era durata tutta la sera. Attorno a te i tuoi amici tracannavano con una nonchalance e una velocità che facevi fatica a capire. A te pareva un peccato mortale tramortire quel sapore strepitoso scuotendo la bottiglia come una clava e trangugiando grossi sorsi come si fa con le lattine annacquate comprate al discount. Non ne condividevi la superficialità. Allora eri un po' strano forse, ma quando ci ripensi, migliaia di bottiglie di birra dopo, a quel tavolo vedi seduto né più né meno che te stesso e ancora adesso, mentre rigiri il liquido dorato sopra e sotto la lingua, non riesci a fare a meno di chiederti come sia possibile che sentire l'amaro in bocca, letteralmente, ci piaccia così tanto. Forse per lo stesso motivo per cui ci piacciono gli sport estremi e i film horror. Dobbiamo sentire gli spigoli, le punture. Dobbiamo sentire il dolore. Altrimenti non esistiamo.



Nessun commento:

Posta un commento

Rispettate le regole del buonsenso e della civiltà, e una firma non guasta mai. Nascondersi dietro ad un "anonimo" è solo un modo per non prendersi la responsabilità di ciò che si dice.